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Oltre la finestra
Mi risvegliai in piena notte, con la sensazione di averla persa. Rotolai fino al bordo del letto e mi misi a sedere piantando i piedi sulle mattonelle. Erano fredde. Scivolai verso la finestra facendo attenzione a non inciampare sui vestiti sparsi per la stanza. Scostai la tenda e mi piegai in avanti fino a toccare il vetro con il naso nel tentativo di scorgerla tra le piccole goccioline di rugiada che danzavano sospese nell’aria. Ripresi fiato quando la vidi oltre il prato ammantato di erbacce, ritta sul fusto ricoperto di foglie. Era cresciuta. L’avevo annaffiata per mesi con lacrime e speranze, e adesso mi stava ripagando. Tornai a letto. Lui…
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Lettere minuscole
È notte e a bordo di un tram stanco riempio il foglio di lettere minuscole. Scrivo e mi ripeto che sono solo lettere minuscole e troppo rumore non possono fare. Lontano da qui, in un’altra casa, sotto altre coperte, con un’altra donna, tu dormi e io non ti voglio svegliare. E allora scrivo e uso solo lettere minuscole che neonate stanno lì, su un seggiolone, e mi guardano con occhi sgranati e battono forte le mani, che le labbra hanno bisogno di aiuto per parlare, che le labbra hanno bisogno di aiuto per raccontare. È notte e sulla strada di casa inquino l’aria di lettere minuscole. Le faccio uscire una…
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Maggio, anatomia di un viaggio: piccola frazione di vita
Il cartellone indica: binario 8. Prima di raggiungere la carrozza, rileggo, ancora una volta, il numero del treno, l’ora di partenza e la destinazione: mi terrorizza – e allo stesso tempo mi attrae – l’idea di salire su un convoglio sbagliato che mi porti chissà dove. Così, dopo l’ennesimo controllo, isso la borsa in spalla, trascino il mio trolley quattro ruote e mi avventuro nel rumoroso mondo della stazione: un gruppetto di persone in corsa che mi taglia la strada, un bambino con la bocca imbrattata di gelato che mi sorride e la voce metallica che elenca le fermate di un regionale e subito dopo si scusa per il disagio. …
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Ray of light
Sono fortunata ad aver trovato lavoro qui. Da quando papà ha avuto un incidente in cantiere, le cose a casa hanno iniziato a peggiorare. Deve essere operato alla gamba destra. E a lui è andata bene. Per il suo collega Martin la caduta dal ponteggio è stata fatale. Mamma era disperata, non sapeva cosa fare. Ha sempre cucinato torte da vendere alla pasticceria in centro per arrotondare, come avrebbe potuto sostenere le spese per l’operazione e mantenere la famiglia? Mia sorella minore, Gwendaline, avrebbe dovuto rinunciare al college: questo mamma non l’avrebbe mai permesso. È grazie a Liv se sono qui: lavoravamo insieme in una tintoria dei sobborghi, poi lei…
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L’apparato umano
– … E poi attraversavo questa rotonda in macchina e non potevo uscirne: rimanevo bloccata lì. Silvia si scostò nervosamente la frangia dagli occhi, fece un sospiro, bevve un sorso di vino rosso dal calice. Dal modo in cui abbassò lo sguardo mi resi conto che il racconto del sogno che aveva fatto la notte precedente e che ancora la tormentava, era terminato. Mi guardò sdegnata, come se non stessi cogliendo un’evidenza empirica. – È un sogno chiarificatore: non posso continuare così, devo cambiare aria. Sapevo dove voleva andare a parare, ma non volevo darle l’idea che la sua fosse logica cartesiana. Mangiai con gusto l’ultimo boccone di insalata che…
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Le mani
Quella sulla soglia non è mia moglie. È la proiezione del mio senso di colpa. Viene avanti, come se non ci avesse visto; poggia la valigia a terra, ripone le chiavi nel vuotatasche e dice: – Molto fine –, poi scoppia in lacrime e fugge via. Cazzo! Dal palco dell’Ariston Achille Lauro mi grida Oh, no noo… E poi mi ricorda che Amanda sarebbe dovuta tornare domani. Non doveva andare così. Da quando collabora con l’Opéra non è mai tornata di sabato. E telefona, anche, perché vada all’aeroporto a prenderla. – Sei sposato? – mi chiede il diavolo accavallando le gambe. Spengo la tv. Il mio sdilinquito io è riflesso…
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Incastri – pornoracconto operaio
Quella volta sullo scuolabus mi si è incastrato un dito nel meccanismo della rototraslante. Mi ero seduto sulla cassetta del dispositivo, mi ero messo lì pensando di non dare fastidio, non c’erano posti liberi, ma appena appoggiato mi era scivolato l’indice nella scanalatura del braccetto, quello che, ruotando, prima spinge in fuori la porta e poi la sposta, traslando, in avanti, così alla partenza, insieme alla rototraslante, fra gli ingranaggi si era chiuso anche il mio dito. D’altronde le nostre mani sono fatte per gli incastri: si stringono nei saluti o si tengono per la paura, si sfiorano nell’amore e si afferrano nell’amplesso, si congiungono nelle preghiere e nel dolore;…
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Aprile, l’importanza di allenarsi
Da circa un paio di settimane, per quindici minuti buoni, prima di andare a dormire, mi sdraio con la schiena sul pavimento e appoggio le gambe al muro a formare un angolo retto. Pare che tale perpendicolarità mi restituisca il vantaggio di non pensare alle cose del mondo e, allo stesso tempo, drenare i liquidi in eccesso dalle mie cosce cicciotte. Almeno così suggerisce Anthony. Il mio Personal Trainer. L’esigenza di iscrivermi in palestra e rivolgermi a un esperto pronto e temerario nel fare la conta dei buchi della mia cellulite e quantificare in centimetri, con un metro da sarta, il mio grasso, nasce dal voler combattere, una volta per…
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Si vince sempre
La pubblicità era martellante, specie le mattine domenicali. Finita la pandemia del decennio precedente, l’entusiasmo aveva preso tutti: si erano moltiplicate le olimpiadi dei quiz e i giochi in 4D, fino a giungere a un altro divertimento ludico chiamato Expergefactor – una vecchia parola inglese che suggeriva un qualcosa di simile a una svegliata improvvisa – e che garantiva una gioia costante: si vinceva sempre, comunque. Anche sbagliando. Anche non giocando. Persino dormendo. Ogni tanto, per caso, arrivava nella posta una comunicazione stringata dell’agenzia SiVinceSempre che informava il gentile cittadino di essere stato scelto dal sistema quale campione del gioco. Bastava solo che partecipasse alla trasmissione, la quale andava in…
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Giardino segreto
La camera ardente è piena di fiori. Non si negano a nessuno, la morte reclama rispetto, a prescindere dalla vita che è stata. E non si nega a nessuno un ultimo saluto. Eccoci allora, parenti, amici, conoscenti. Siamo così tanti che mi terrorizza l’idea di non riuscire a cogliere l’attimo. Poi lo trovo. L’impresario funebre chiede con gentilezza ai presenti di lasciare la sala entro dieci minuti. L’ultimo a uscire è mio marito con in braccio la nostra bimba; mentre chiude la porta mi guarda e mi fa un cenno di assenso. Lui è l’unico che sa. Lo sento rimanere appena fuori, a guardia, e unirsi al brusio soffocato dei…