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    Kompong

    Siccome ero nel mio periodo vintage stavo ascoltando i Love.Non so cosa pensavo di trovare in Cambogia. Forse solo provare qualcosa di diverso, smettere di guardare i visi tristi sul metrò delle otto e trenta, perdermi nel fascino dell’Indocina coloniale o scrutare da vicino la povertà. Quella, intanto, l’avevo incontrata subito nell’orfanotrofio vicino al lago Tonlè Sap.Era stato un incontro devastante, almeno per me, lei, la povertà, sembrava averla presa meglio: si era incarnata nei corpi magri, nei visi sorridenti dei bambini, sempre nudi, sporchi, che tiravano la gonna dicendo “Madame I’m angry”. E io lì: impotente nel saziare quella fame insaziabile. E a loro mancava tutto. I genitori, le…

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    La regina dell’acqua

    Era per quel suo modo di trattenere il fiato, occhi socchiusi, labbra serrate a formare una linea piatta, il respiro che moriva nella cassa toracica e lo sguardo perso dentro un finestrino di orizzonti color asfalto e muri scrostati. La pelle del viso, delle guance gonfie di ossigeno, perdeva a poco a poco l’usuale pallore e virava in un rosa perlato seguito da un rosso scarlatto. Stringeva le dita della mia mano e alla fine sbuffava come se le avessero tolto un tappo dalla bocca. Si voltava e sorrideva. Era per quello che Marilù rimaneva sott’acqua più di tutti noi: si allenava ogni giorno trattenendo il respiro sul pulmino che…

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    Eppure una bomba era esplosa

    Il teatro era proprio lì: a cinque minuti dal caffè in cui mi ero fermato. Restai immobile a contemplare la facciata rovinata. Ai miei piedi c’era parte dell’insegna, ne raccattai un pezzo, soffiai via la polvere e poi lo rigettai di nuovo a terra. Lavoravo in quel posto fin da quando ero piccolo. Lì, avevo imparato ad amare le più grandi opere e ad appassionarmi a quel mondo.  Entrai nell’atrio, piovevano ancora calcinacci, dovevo fare attenzione. Il pavimento era un disastro: c’erano macerie ovunque. Per un attimo vidi anche corpi umani agonizzanti stramazzati a terra. Fortunatamente era solo la mia immaginazione. Guardai l’orologio. Erano le otto di mattina. Pensai che…

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    CANTO XXV DELL’ODISSEA

    Sono a questo cazzo di telaio da anni. La mia vita è un inferno. E lui, invece? È vivo? È morto? Chi lo sa. Dal piano di sotto scatta un applauso. Mi alzo e lo sgabello cade. Che nervi questi Proci! Sono qui a sbafo, uccidono i nostri animali, mandano in malora il patrimonio dell’isola e si scopano pure le mie ancelle. D’altronde io le capisco! Hanno voglia, sono giovani e belle.  Le mani mi tremano. Anche io ho voglia! Passo tante volte il filo della trama sull’ordito. Ma che faccio? Che pasticcio! Ridacchio. Ecco devo disfare tutto. Sorrido. Tutte le scuse sono buone. Mi prendo il viso tra le…

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    Così, sono morto

    Sono entrato alle otto e mezza precise di mercoledì.  Lei ha aperto ed è scappata subito in cucina lanciando parole. Ho compreso solo uno scusa, cena, finire. Mi sono ritrovato da solo nel salotto. Una tv Panasonic da 40 pollici inserita nel muro, forse lo vendono così, con lo schermo incorporato, un divano tre posti larghi con i poggiapiedi elettrici, un mobile con una collezione di dvd del corpo umano, di film di Harry Potter e un sacco di fotografie che ho preferito non guardare per non fantasticare storie, passati o altro e rimanere vergine della sua conoscenza. Mi sono seduto sul divano cercando di occupare meno spazio possibile e…

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    Miss Hilda e Il libro per signore di Mr. Godey

    Ti posso assicurare che lui sembrava altrettanto raggiante quando ti ha accompagnato in quelle camminate eccessivamente sentimentali per Darling House. Romance of Old Letters   Harry Harewood Leech Ho vagato solitario come una nuvola nel cielo per molto tempo, prima di versare lacrime pesanti come la pioggia che si abbatte sui narcisi gialli e bianchi.  I fiori dell’agriturismo crescevano ai lati di un sentiero pedonale, in piccole aiuole delimitate da sassi piatti e grigi che sembravano rubati da un fiume. Gelsomini, petunie, garofani, gerani e narcisi di tutte le tonalità incorniciavano il giardino di Darling House con un prato coloratissimo che da lontano trasformava l’intera proprietà in un paesaggio da impressionisti,…

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    NAKED. Una storia violenta

    #1 Mi chiamo Matilde, per via di un vecchio fumetto femminista che mia madre adorava, e domani sarà il mio compleanno. Sempre se ci arrivo a domani visto la situazione in cui mi trovo: nuda di fronte ad otto stronzi armati fino a i denti. Non che mi capita spesso – è la mia prima volta – di trovarmi di fronte a un plotone di esecuzione, ma la situazione lo richiedeva. La situazione si chiama famiglia. Sono l’ultima di tre sorelle, nate a Lampedusa, da genitori misti. Papà di Tunisi, arrivato con una di quelle fantomatiche barche che si vedono  la sera al telegiornale mentre frustrate casalinghe cornute sfornano cavolfiori…

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    La fregola dell’amico

    Erano tredici mesi che non fumavo. Vagabondavo da un’ora alla ricerca di un’occasione speciale per ricominciare. Pensai di averla trovata quando i miei occhi incrociarono il verde lussureggiante della collina di Boboli. Senza staccare lo sguardo da quel panorama, giocai un po’ con la sigaretta tra le dita. Poi estrassi l’accendino dalla tasca dei pantaloni, ma esitai ad accenderla. Da non credere quanto sia bella la vista che si gode dal Forte Belvedere: da qui, sembra che la città si manifesti in tutto il suo splendore. Eppure, mi pare che pochi siano in grado di legittimare questa ovvietà. Firenze è davvero bella solo per chi cresce altrove e poi la…

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    Il grembo del suono. Storia di un pianoforte

    Un rumore sordo e profondo scuote le pareti dell’edificio sopra la mia testa. Anche in questo seminterrato polveroso e solitario, arrivano le pericolose vibrazioni dei primi colpi.La demolizione è iniziata. Dopo lunghi anni trascorsi al freddo e al buio mi piacerebbe proprio vedere un’ultima volta il bagliore del sole, prima che le macerie mi seppelliscano.Probabilmente la mia è una richiesta eccessiva e quindi non mi resta che cullarmi nel ricordo del mio ultimo giorno ai piani superiori. Era un autunno dalle temperature particolarmente gradevoli e la natura aveva deciso di sfoggiare i suoi colori più pittoreschi. Fuori dalla finestra il sole riluceva sulle foglie rosse e gialle che svolazzavano nell’azzurro del…

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    TUTTO E NIENTE

    “E stasera ho quella visita medica” – disse mentre abbottonava i jeans scoloriti a vita alta. “Ce la facciamo poi a vederci per cena?” – chiesi tra le coperte con la luce del sole che entrava dalla finestra. “Non so, l’appuntamento è alle sette. La visita potrebbe durare più di un’ora” – replicò dal bagno alzando il tono di voce. Guardai fuori: era una bella giornata primaverile perfetta per andare a correre. Noemi avrebbe voluto che le dicessi che l’avrei accompagnata. Invece rimasi in silenzio. Vestita e truccata mi salutò con un bacio sulle labbra e mi guardò negli occhi: era dispiaciuta di non avermi sentito dire: vengo con te.…