
Aprile, l’importanza di allenarsi
Da circa un paio di settimane, per quindici minuti buoni, prima di andare a dormire, mi sdraio con la schiena sul pavimento e appoggio le gambe al muro a formare un angolo retto.
Pare che tale perpendicolarità mi restituisca il vantaggio di non pensare alle cose del mondo e, allo stesso tempo, drenare i liquidi in eccesso dalle mie cosce cicciotte.
Almeno così suggerisce Anthony. Il mio Personal Trainer.
L’esigenza di iscrivermi in palestra e rivolgermi a un esperto pronto e temerario nel fare la conta dei buchi della mia cellulite e quantificare in centimetri, con un metro da sarta, il mio grasso, nasce dal voler combattere, una volta per tutte, la mia pigrizia e tornare in forma – meno arrotondata possibile –, non per l’estate, ma per sempre. Scelta giusta. Scelta sana quella di rinunciare a zuccheri complessi per una dieta ipocalorica ad alto contenuto proteico combinata a circuiti a suon di squat, russian twist, plank, military press, crunch, crunch reverse e hip thrust.
A parte il fatto che avrei voluto intraprendere una ricerca per capire come mai l’uso degli anglicismi si stia espandendo così velocemente e in qualsiasi campo della nostra vita, la mia attenzione, dopo qualche giorno di presenza in palestra, si è focalizzata sulle dinamiche relazionali.
A me, che piace osservare, non è sfuggita la tipa che negli spogliatoi s’improfuma e si ritocca il trucco prima di allenarsi o il tipo che muove la testa a ritmo di musica sparata dritta nelle orecchie dalle sue, quasi invisibili, cuffie bluetooth. Poi c’è sempre qualcuno che a tempo cadenzato lancia grugniti di fatica, le ragazze che sorridono ai ragazzi che ci provano e quelle che tirano dritto. Donne che fissano altre donne, forse alla spasmodica ricerca di difetti peggiori o simili ai propri, e personal trainer che con le mani aggiustano il tiro degli esercizi dei loro allievi. Un giorno, ho perfino visto aggirarsi tra gli attrezzi una ragazza islamica che, qualunque movimento facesse, continuava ad avere intatto sulla sua testa il suo hijab.
Insomma, c’è proprio di tutto in questo enorme apparato umano.
Mi sono perciò convinta che fare qualche domanda al mio amico Anthony, ventisettenne muscoli e berretto, avrebbe sicuramente appagato la mia curiosità socio-antropologica che fa capolino ogni qualvolta io metta piede in palestra.
Così, un pomeriggio, tra uno stacco di bilanciere e un altro gli ho chiesto cosa preferiva: una ragazza impeccabile anche quando si allena o così com’è: arrossata, sfatta e sudata?
Penso che ognuna di loro possa venire come vuole, mi ha risposto dopo avermi guardata di traverso. Truccata o meno, ha continuato, non è importante, quello che conta è che ognuno si senta a proprio agio sempre. Io preferisco senza trucco: alla fine si viene qui per sudare, però ognuno lo fa a modo suo. E mi ha sorriso. Vero, ho pensato e poi, ad alta voce ho chiesto ancora:
E ti è mai capitato di trovarti a lavoro in situazioni in cui donne libere o impegnate ci provassero con te?
Di nuovo quello sguardo, poi evidentemente rassegnato al mio interrogatorio, ha sorriso di nuovo e ha risposto:
Capita molto spesso che delle allieve siano attratte dal proprio personal trainer, magari per l’aspetto fisico, ma anche per le circostanze che si creano durante il percorso, dato che siamo sempre a dialogare con loro e pronti a dare consigli. A me è capitato diverse volte, ma su questo sono molto professionale e preferisco evitare per non creare confusioni e problemi, ma soprattutto per evitare all’altra persona distrazioni.
E in generale i personal trainer, ho continuato sempre più incuriosita, sono destinati ad avere solo rapporti che nascono in palestra?
No, non per forza, ha riso, certo, succede molto spesso perché questo posto è frequentato da tante ragazze, ma non è la regola.
Questa volta sorrido io: non pensavo potesse essere così genuino e sincero. Così gli chiedo ancora:
Perché secondo te, in palestra gli uomini guardano le donne come se non ne avessero mai vista una?
Sospira prima di rispondermi.
È una cosa che mi dà parecchio fastidio, e giù un altro sospirone. È vero, hai ragione. So che le donne si sentono molto a disagio in palestra o addirittura smettono di frequentarla proprio perché vengono guardate sempre. Purtroppo in tutte le palestre è così, noi maschi, non tutti per fortuna, manchiamo di rispetto. In palestra si viene per allenarsi, non per guardare e rimorchiare. Un consiglio che mi sento di dare è di fregarvene. Focalizzatevi sul vostro allenamento, concentratevi su quello che state facendo. Il resto attorno a voi non conta.
Il mio esercizio è terminato e anche il mio recupero e, come al mio solito, vorrei porgli altre mille quesiti, invece faccio la brava e riesco a strappargli un’ultima risposta.
Anthony, cosa rappresenta per te la palestra?
Sembra quasi contento che gliel’abbia chiesto:
Ora come ora per me la palestra è tutto, è un lavoro, certo, ma in quest’ambiente sono cresciuto e maturato. È iniziato con un “giusto per provare” anni fa. All’epoca avevo la passione per il calcio, poi ho scoperto un altro mondo. Non pensare che per me sia stato tutto in discesa: anche io all’inizio un po’ come tutti, sentivo la paura del non sapere cosa fare, se stavo facendo bene gli esercizi. Temevo di essere preso in giro perché magari stavo sbagliando qualcosa, qualche movimento e mi chiedevo costantemente quanto ne valesse la pena perché nonostante passassero settimane, non vedevo risultati. Poi ho capito che non è questione solo di tempo, ma quanto dai lì dentro, nel tempo che dedichi ai tuoi esercizi. Quello che ho capito è che uno deve avere fame e voglia di cambiare le cose. È una specie di processo che noi stessi diamo al nostro corpo. Ovviamente, ci saranno sempre alti e bassi, nel percorso di allenamento, ma non si deve mai mollare se veramente si vuole ottenere qualcosa, e bisogna sempre porsi degli obiettivi. Solo così sono arrivato dove sono ora. Poi ci sono anche le cose belle che succedono: impari cose nuove, trovi amici, certo puoi anche trovare l’anima gemella e magari, perché no, condividere con lei questa stessa passione. Quello che ho capito e che ho imparato qui, in palestra, è che nulla è impossibile.
A distanza di giorni, quella specie di monologo vibra ancora, si fa strada come un raggio di luce e s’incastra nei pensieri.
Non so se Anthony si riferisse solo ed esclusivamente all’attività fisica, non gliel’ho chiesto, non ho avuto modo, ricordo solo di essere tornata negli spogliatoi un po’ turbata da quanto mi aveva detto, ma tutte le sere che resto supina con le gambe alzate, penso alla sua risposta e a quanto sia perfettamente calzante con le relazioni che intreccio a lavoro, nella vita privata, perfino con me stessa, con il mio corpo, psiche compresa, e con i miei progetti.
Una vita intera: cominciare, cadere, rialzarsi, ripartire, sbagliare, riprovarci.
Il mio quarto d’ora è passato, lentamente mi alzo e altrettanto lentamente apro il mio taccuino e appunto: Aprile, l’importanza di allenarsi.

