racconti

Si vince sempre

La pubblicità era martellante, specie le mattine domenicali. 

Finita la pandemia del decennio precedente, l’entusiasmo aveva preso tutti: si erano moltiplicate le olimpiadi dei quiz e i giochi in 4D, fino a giungere a un altro divertimento ludico chiamato Expergefactor – una vecchia parola inglese che suggeriva un qualcosa di simile a una svegliata improvvisa – e che garantiva una gioia costante: si vinceva sempre, comunque. Anche sbagliando. Anche non giocando. Persino dormendo. Ogni tanto, per caso, arrivava nella posta una comunicazione stringata dell’agenzia SiVinceSempre che informava il gentile cittadino di essere stato scelto dal sistema quale campione del gioco. Bastava solo che partecipasse alla trasmissione, la quale andava in onda su tutti i canali del globo, tutti i giorni della settimana festività comprese; il format era stato un successo strepitoso: in Italia, manco parlarne. La panoplia di quiz televisivi vecchio stampo si era dovuta arrendere al gioco dei giochi, la vincita delle vincite, la trovata del Secolo, se non proprio del Millennio.

 Le regole in fondo erano leggermente complesse: se il concorrente era di sesso femminile, aveva diritto a un bonus di 100 punti moltiplicato per la sua età diviso per il numero di cugini maschi eventualmente presenti; se era maschio, il punteggio iniziale di partenza era dato dal peso del soggetto in chilogrammi elevato alla potenza del numero di lettere del suo nome, il tutto diviso per i chilometri in migliaia indicati dalla macchina posseduta. Definito tutto ciò, veniva il bello: le domande erano alla portata di tutti, ma richiedevano una dose di logica, problem solving, capacità manuali e abilità musicali. Potevano chiederti la qualunque, tu dovevi essere rapido nel rispondere. Come ciliegina sulla torta, veniva scandagliata la presenza sui social e, attraverso algoritmi ad hoc, determinati eventuali bonus aggiuntivi. Quindi, infine, lo svolgimento del quiz vero e proprio, dopo una serie di spot televisivi che staccavano assegni astronomici pur di poter esserci anche loro in quel circus vorticoso. L’adrenalina l’attimo prima di sapere il responso! E se non vincerò? La domanda che si dipingeva sulle facce ansiose dei concorrenti. E se non sarò io il fortunato? L’amletico dubbio che prendeva chi ci provava. Ci si poteva tirare indietro, una volta convocati? No, no e poi no. Le regole erano quelle, un po’ come la chiamata alle armi in tempo di guerra. Una volta che si era in ballo, non si poteva che ballare.

Quel giorno mi ero svegliato di buon’ora. Era il primo weekend di vacanza, il mio cane aveva bisogno di fare la sua uscita mattutina a prescindere. Aveva visto da lontano il turbo-postino imboccare il viale, poco prima erano passati i robot di pulizia, e l’aveva accolto a suon di ringhi e latrati. Quando suonò il campanello, sul mio orologio comparve un messaggio di posta elettronica in copia conforme. Chi poteva disturbare di sabato mattina? Ricordo ancora adesso il particolare della pubblicità delle caramelle balsamiche iniettabili che andava in loop sulla mia Tv 340 pollici, come pure ricordo perfettamente l’uso smodato che ne ho fatto a causa della raucedine venuta per l’essermi sgolato, nelle infinite telefonate a seguire. 

Avevo afferrato la lettera, leggendola con un principio di sospetto e trepidazione. Insomma, era arrivato il giorno in cui anche io avevo ricevuto la chiamata:

“Gentile Dave Praxis, il suo nominativo è stato estratto dal nostro database. Complimenti! Lei è il fortunato vincitore, invitato a partecipare il giorno ___ alle ore ___ nello studio televisivo del Nostro Programma. Seguiranno maggiori dettagli nelle prossime comunicazioni. Intanto, porgiamo i più cordiali saluti e Le rinnoviamo i più sinceri Complimenti.”

Ahia, pensai. 

Ahia perché ero tra i padri nobili del format. Ne avevo scritto i codici. Avevo preparato i premi. Insomma, ero io a tirare le redini di tutto quel sistema. E ora, che fare? Non sarebbe parso sospetto che il creatore del gioco risultasse tra i vincitori? Potevo tirarmi indietro? Dovevo risolvere la cosa, al più presto. Dovevo telefonare. 

– Segretaria, per favore, mi passi l’ufficio informatico. 

– Subito, Presidente. 

– Pronto?! 

– Ciao Roger, sono io. Sì, ascolta, proprio oggi è capitata una cosa strana di cui voglio subito parlarti. In sostanza, risulterei tra i vincitori del nostro Gioco. Esaaaatto. Sì. Però ascolta, volevo chiederti una cosa: non ci sono quelle famose clausole di esclusione che… Ecco, appunto. Puoi per caso ricontrollare? Per carità, un errore può sempre capitare. Fammi sapere al più presto, grazie. Sì, a dopo, ciao. 

Attesi nervoso fino a sera, prima di ricevere una telefonata. Per un momento, mi era venuto in mente di fare un salto direttamente in ufficio, ma ero in ferie e sì, insomma perché diamine dovevo risolvere gli errori altrui? E soprattutto: perché dovevano ricadere proprio sopra di me? Roba da matti, mi ripetevo fissando con ossessione il display. 

– Pronto! 

– Scusami se non mi sono fatto risentire subito – la voce di Roger suonava un po’ troppo dispiaciuta – Ho parlato con il nostro studio legale. 

– E…? 

– E le clausole del regolamento sono chiare: non possono partecipare due volte i vincitori, ma per il resto, una volta che si è stati convocati, l’adesione è tassativa, non c’è molta scelta, ecco. Le penali sono una lista più lunga di un dizionario. A meno che non si abbiano validi motivi per non essere presente, ma stiamo parlando di roba seria, tipo una malattia invalidante, e oggigiorno tutto il mondo gode di ottima salute, sicché… credo sia impossibile che tu non vada. 

– Insomma, eccheccazzo! Ti pago per gestire un universo mediatico che muove tanti di quei soldi che te li sogni, e tu mi rispondi dopo ore per dirmi solo questo? – ero inferocito.

– No, non ti dico solo questo: ti dico anche che il tuo nominativo è già uscito sul giornale. La notizia corre più veloce della luce, lo sai. Dave, ho le mani legate. Il danno commerciale sarebbe incomparabile, se tu evitassi di giocare. Inizierebbero a sorgere dei dubbi nei clienti, per cui, non mi resta che augurarti buona fortuna. 

– Cazzo Roger, tu non puoi farmi questo! Adesso come la risolvo, questa cosa? 

– Non so cosa dirti, mi spiace. Ho fatto il possibile. Ora tocca a te: hai creato il gioco, dovresti conoscerlo meglio di chiunque altro. 

– Merda. 

– Se ti fa sentir meglio, ti dico che sicuramente, non perderò la puntata di dopodomani. Ciao Dave, stammi bene. 

– Merda! – ho continuato a ripetere anche a telefonata finita.

Mi chiedevo come fosse possibile. Insomma, dove mi ero sbagliato? Avevo supervisionato e gestito io il progetto, il gioco, il brand, la campagna pubblicitaria del SiVinceSempre. Distribuito in tutti i Continenti, con un seguito pazzesco, ricavi inimmaginabili, insomma, dov’era il busillis, l’errore, la gabula? Stetti sveglio tutta la notte e il giorno dopo, per cercare di venirne a capo, inutilmente. Era tutto ok, nessun errore nel codice, nessuna svista nelle ferree regole. Eh sì, mi toccava proprio, come detto dal mio fedele Roger. Merda, biascicavo a ripetizione.

Giunse a prendermi una vettura della ditta. La mia. I valletti scesero professionali, chiedendo al nuovo vincitore: 

– È lei Dave Praxis, nato il…

– Sì, sono io. Sono il vostro Presidente, cacchio. – I valletti nicchiarono: non era tra i loro compiti dare confidenza ai concorrenti. Le regole valevano per tutti.

Il fatto era che non riuscivo a capacitarmi di poter ancora risolvere la questione, ma oramai ero sul palco e, nell’atto di presentarmi, mi venne solo da dire:

– Expergefactor c’est moi! – Calò il silenzio in studio. Da dietro le quinte il regista fece gesti irripetibili al conduttore. 

– Cioè, lei ci sta dicendo che è lei stesso il gioco? 

– Sì, è esattamente quello che ho detto. 

– Allora perché si è presentato qui da noi, Signor Gioco? 

– Perché – ora balbettavo, – perché questa è l’ultima puntata. – Un coro di delusione serpeggiò in studio. Lo sentii quasi riecheggiare lungo tutto il globo. 

– D’altronde – aggiunsi, – nomen omen, no? Vi dice niente il titolo del gioco?

– Eh? – chiese incredulo il presentatore.

– Come non detto. Ora grazie a tutti per la partecipazione. Grazie davvero e arrivederci! 

Ancora oggi, meditabondo davanti alle luci della sera di una realtà giocosa ma non più del tutto lieta, mi domando perché sia dovuto capitare proprio a me l’ingrato compito di porre fine alla mia creazione. O dovrei chiamarla creatura Frankenstein? Mi piace crogiolarmi nell’idea di aver posto fine alla sua carriera perché si sentiva stanco, aveva voglia di andarsene in pensione. I giochi, alle volte, possono rivoltarsi, a conti fatti. Anche contro i propri creatori. È l’unica cosa sensata che posso dire a mia discolpa, qualora ne abbia, di colpe. 

Da qualche parte nel mondo virtuale, mi immagino il Gioco sogghignare, godendosi un periodo di meritato riposo. Come il sottoscritto, in fondo.
Alla fine, è lui che ha vinto, come sempre. Vince anche ora.

Luca Cassarini

Editing di Francesca Gentile