-
Si vince sempre
La pubblicità era martellante, specie le mattine domenicali. Finita la pandemia del decennio precedente, l’entusiasmo aveva preso tutti: si erano moltiplicate le olimpiadi dei quiz e i giochi in 4D, fino a giungere a un altro divertimento ludico chiamato Expergefactor – una vecchia parola inglese che suggeriva un qualcosa di simile a una svegliata improvvisa – e che garantiva una gioia costante: si vinceva sempre, comunque. Anche sbagliando. Anche non giocando. Persino dormendo. Ogni tanto, per caso, arrivava nella posta una comunicazione stringata dell’agenzia SiVinceSempre che informava il gentile cittadino di essere stato scelto dal sistema quale campione del gioco. Bastava solo che partecipasse alla trasmissione, la quale andava in…
-
Giardino segreto
La camera ardente è piena di fiori. Non si negano a nessuno, la morte reclama rispetto, a prescindere dalla vita che è stata. E non si nega a nessuno un ultimo saluto. Eccoci allora, parenti, amici, conoscenti. Siamo così tanti che mi terrorizza l’idea di non riuscire a cogliere l’attimo. Poi lo trovo. L’impresario funebre chiede con gentilezza ai presenti di lasciare la sala entro dieci minuti. L’ultimo a uscire è mio marito con in braccio la nostra bimba; mentre chiude la porta mi guarda e mi fa un cenno di assenso. Lui è l’unico che sa. Lo sento rimanere appena fuori, a guardia, e unirsi al brusio soffocato dei…
-
Il carillon
Ho le mie abitudini. Non voglio chiamarle manie, perché è un termine che non mi piace, sa di manicomio e rotelle mancanti. La mia testa funziona benissimo, soltanto che sono piuttosto scaramantico e mi affeziono troppo alle cose. Agli abiti, per esempio: a questo impermeabile, a questo cappello. Mi sono affezionato anche a questa panchina. Se la trovo occupata mi innervosisco ed evito di sedermi su qualche altra libera. Vedo tutto il viale da qui, la gente che passeggia; c’è la fontanella vicino, e quest’albero che gli fa ombra è il più bello del parco, anche se oggi pomeriggio non c’è bisogno di nessuna ombra e fa addirittura un po’…
-
Marzo, Tu quoque, Brute, fili mi
Un uomo, qualche tempo fa – non ricordo bene a quale evento letterario stessi partecipando –, per segnare il suo numero di telefono e l’indirizzo di posta elettronica, strappò una pagina di un libro, scrisse, in un margine, quel che doveva e inserì quel foglio in un altro libro. È un regalo, mi disse porgendomi quell’assurdo assembramento, ci sentiamo presto. Un sorriso, un ciao con la mano e non lo vidi più. Avevamo scambiato giusto qualche parola ed ero piacevolmente colpita ma anche un po’ stranita per quel gesto: sì, insomma, avrebbe potuto chiedermi un pezzo di carta o, che ne so, segnare tutto sulle note del cellulare invece di…