racconti

La colpa

È il momento dei regali dei grandi. 

Noi abbiamo già aperto stamattina quelli sotto l’albero e poco fa abbiamo scartato quelli dei nonni, degli zii e, ovviamente, quello della prozia Edwige. 

Quest’anno siamo venuti al ristorante. Mamma ha detto che nessuno aveva voglia di invitare tutti a casa per il pranzo di Natale. È da questa estate che Nonna Laura e nonno Gianni hanno portato la prozia Edwige a vivere con loro e la tavernetta è diventata il suo appartamento e quindi niente ritrovo nella loro sala al piano interrato per le feste. Peccato, a me piaceva. 

Nessuno degli zii ha avuto un’altra idea: il soggiorno di zio Daniele è troppo piccolo per tutti e diciannove, così gli ha fatto rispondere zia Susy alla nonna. Zia Francesca sì che ha la casa grande, ma dice che non si è ancora ripresa dal divorzio: mamma ha fatto chiamare me, ma lei mi ha risposto che, fosse per lei, il Natale potrebbe sparire dal calendario.      

Mamma, come al solito, ha lavorato in negozio fino alle otto di ieri sera: si sentiva stanchissima, poverina, e ha detto al resto della famiglia, già da mesi, che non voleva pulire e preparare la casa per tutti. Mia mamma è fissata con la pulizia, sembra la cosa più importante ma anche la più difficile della vita e io non capisco mai come possa essere né l’una né l’altra. Quanto a zio Davide beh, lui è arrivato all’ultimo da un viaggio di lavoro in Brasile e nemmeno si sapeva chi ci avrebbe portato, al pranzo di Natale. Ogni anno è una sorpresa. 

Alla fine, ho aiutato io nonna a cercare un ristorante: lei dice che è di un’altra epoca e non sa trovare niente su internet. Abbiamo fatto fatica, ma ce l’abbiamo fatta. 

Sfogliatina capriccio di polpo e patate 

caponatina di melanzane alla Siciliana 

crudo di Fassona con spuma di gorgonzola 

ravioli di magro al profumo di limone e carciofi 

risotto vialone nano al radicchio di Treviso e raschera 

rollé di cappone alle prugne su purea di castagne 

dessert del pasticciere 

caffè. 

Nonno ha approvato subito il menù, lui è sempre felice quando si mangia. Quarantacinque euro a persona e poi anche le zie hanno detto che è un prezzo onesto per non cucinare e pulire la casa prima e dopo. Nonna Laura è riuscita persino a convincere quella rompiballe di zia Susy: ci sono infatti anche due portate vegetariane. Zia Susy non è noiosa perché è vegetariana, anzi! A me piace proprio per questo: anche io vorrei esserlo e mamma mi ha promesso che alla fine delle medie, e per quel giorno mancano ancora quattro anni, potrò urlarlo al mondo intero. Dicevo, zia Susy è noiosa perché rompe le scatole su tutto il resto, non le va mai bene niente, ma lo fa dire a zio Daniele, mentre lei sorride come se nulla fosse.

ーEdwige ha fatto di nuovo quelle calze di lana per i bambini, ne avrò almeno sei paia nell’armadio, pungono più di un fico d’india maturo ー, le ho sentito dire poco fa a zia Francesca, che di solito è l’unica dei grandi che le si siede vicino. Lei è sempre di pessimo umore, indipendentemente da chi ha accanto: 

ー Zia Edwige ha un cuore grandissimo, per chi sa capirlo, tesoro ー. Ha stretto le labbra e gli occhi in un sorrisetto ironico rivolto alla zia Susy. Poi, come fa sempre, si è subito pentita: 

ー Non te la prendere, Susy, non ce l’ho mica con te. Ce l’ho con tutti. Piuttosto, quand’è che diamo il regalo a zia Edwige? 

ー E che ne so? Cosa le avete comprato? ー ha risposto zia Susy. Le ho viste che si agitavano. Mi piace stare al tavolo dei grandi, per osservarli, anche se dopo un po’ mi annoio. 

ー Alessandra mi ha detto che doveva comprarlo Daniele: non te l’ha detto?

ー Ma chi? Tuo fratello che si offre di fare qualcosa? Nemmeno se lo vedo! Né lui né io abbiamo comprato niente, chiedi ad Alessandra, avrà preso qualcosa lei in negozio, sta sempre lì: qualcosa avrà pensato. 

A questo punto si è messa a parlare con la vocina in falsetto: ー Oddio che fatica il negozio, il negozio di qui, il negozio di là! Magari ci ha pure comprato qualcosa di utile. 

Mi sa che ha ragione mamma: zia Susy è proprio una stronza.

ー Tu non stai mica bene, vado a chiedere ad Ale. Tu piuttosto dai una controllata a cosa fa tuo figlio.

Ecco che si alzano tutte e due: zia Susy comincia ad urlare verso Iacopo, il mio cuginetto, che sta spalmando una manata di panna sul visone di nonna Laura. Zia Francesca va vicino a mamma, che, come al solito, sta al cellulare. 

ー Ale, che cavolo fai? Giochi a Candy Crush al pranzo di Natale? O chatti col tuo amante?

ー Ma quale amante? Sono troppo stanca anche per trombarmi Gigi, figuriamoci qualcun altro. 

ー Stai zitta che Benedetta ci sente.  

Mi giro immediatamente dall’altra parte, fingendo di guardare Iacopo che non vuole chiedere scusa alla nonna per aver sporcato la pelliccia. Non voglio che capiscano che le sto sentendo. Mamma e zia allora riprendono a parlare: 

ー Beh, hai ragione: fossi in te mi fingerei morta. 

Scoppiano a ridere. Mi piacciono le volte che mamma ride, mi si allarga qualcosa nella pancia, anche se non sono felice quando parla male di papà. 

ー Lascia perdere, ho già bevuto troppo. Ce l’hai tu il regalo per zia Edwige?

ー No, perché? Mica dovevo prenderlo io. Ce l’ha quello stordito di Daniele.

ー Nostra Signora delle Verdure mi ha detto che non ne sapeva niente.

ー Ma cazzo! Devo sempre pensare a tutto io? Mai una volta che fate qualcosa.

Ci risiamo: mamma ha già smesso di ridere. 

ー Che c’entro io, scusa? E poi, proprio tu che sei la cocca della zia. E ora sei a mani vuote.

ー La cocca? Forse è solo perché io per lei ci sono.

ー Si vede infatti.

ー Ma pensa per te, tu le hai sempre solo fatto dispetti. Clarissa potevi chiamarla come voleva lei, invece di sto nome da santerellina.

ー Oh, ma siete tutti impazziti oggi? Com’è che dovevo chiamarla, secondo te?.

ー Come il nonno Beniamino: Beniamina, detta Mina, magari cantava pure bene. 

Nonna Laura ogni tanto mi racconta di questa storia. Mia cugina Clarissa, che oggi non c’è perché fa Natale con suo padre, è stata la prima nipote, poi sono arrivata io e tutti gli altri. La prozia Edwige si era fissata di chiamarla Mina, come suo fratello, che sarebbe poi il papà di nonna Laura. Poi non ci ha più provato con nessun’altra nipote. Comunque io un regalo per la prozia Edwige ce l’ho. Le ho fatto un bracciale da una delle sue collane rotte di perle, non vedo l’ora che lo veda.

ー Ma vaffanculo va’. Pensa a tirare fuori il regalo per la zia. 

ー Ma che ne so. Lasciami stare, sono stanca. Io ho lavorato fino a tardi ieri sera, sai?

ー Come faccio a non saperlo, se lo ripeti ogni dieci minuti? Io invece non faccio un cazzo, sai? Vado a parlare con mamma.

Chissà perché io non posso dire parolacce e loro sì. Loro pensano che non li senta ma io sono brava a sentirli quando loro credono di no.

ー No, aspetta: mamma no. Ci rimane troppo male. Comincia ad attaccare la solfa che zia Edwige è come nostra nonna, che siamo tutti troppo concentrati su noi stessi, e compagnia bella. È sempre più noiosa. Risolviamola noi. Chiedi a Davide, magari ha qualcosa in macchina. Avrà portato qualche souvenir dal Brasile, no?

ー Adesso alzi il culo dalla sedia e la risolvi tu.

ー Ma che ti piglia? Va beh, vado. Tu beviti un San Simone intanto: ti distende i nervi. 

Di nuovo si sono alzate tutte e due. Ora si allontanano. Zia Francesca esce, mamma si guarda in giro ma si vede che vorrebbe attaccarsi di nuovo al cellulare. Esco anche io, senza farmi vedere.

C’è zio Davide nel cortile del ristorante: sta al telefono e sembra agitato. Cammina come se facesse dei cerchi in terra calpestando rumorosamente le pietroline e risponde ad alta voce, in una lingua che non ho mai sentito. Quando finisce di parlare, spegne il telefono con un gesto forte del pollice: sembra che voglia rompere il vetro. Si passa le mani sulla testa pelata. Più lontano c’è zia Francesca che fuma. Lui le va vicino. Mi sposto anche io, dietro dei grandi vasi vuoti, così riesco a sentirli meglio. 

ー Mi sa che non stai messo bene neanche tu, eh. 

ー Non ho ancora capito se l’amore è peggio avercelo vicino o lontano. 

Quando parlano di amore è quando li capisco di meno.

ー Meglio ad anni luce, distanze siderali, anzi no, meglio non averlo conosciuto mai. Ecco, sì. Senti, un po’, non è che hai una bottiglia di liquore nascosta da qualche parte? Nessuno ha comprato un regalo per zia Edwige. 

ー Ma sei matta? Un superalcolico a novantacinque anni? Come avete fatto a dimenticare un regalo? 

ー Avete? E tu che cosa hai fatto per oggi? 

ー Io è già tanto se sono arrivato. 

ー Ah, certo, lui ci degna della sua presenza e già questo è tanto, dimenticavo. 

ー Senti non è colpa mia se siete una manica di cretini e non siete stati capaci di comprare un pacco di cioccolatini alla povera vecchina che vi ha cresciuti. 

ー Ma che cazzo dici che zia Ewige ha il diabete? Chi ti credi di essere? Prendi la macchina e vai al primo autogrill a cercare almeno un libro. 

ー Te sei scema, io non vado da nessuna parte e tu adesso abbassi la voce. I libri dell’autogrill fanno schifo, li leggi solo te. Che facciamo? Corro a comprarle I love shopping

ー Meglio di niente. 

ー Se ci tenevi così tanto, potevi comprarglielo tu! 

Quando litigo con il mio fratellino Giacomo, mamma mi sgrida e mi dice che nella sua famiglia si sono sempre voluti bene, che lei farebbe di tutto per loro. A me sembra che Giacomo e io litighiamo meglio di loro che si dicono sempre delle cose cattive. Poi però, non si sa come, ad un certo punto si calmano, come adesso. Adesso sono di nuovo tranquilli. Vai a capirli!

ー Doveva pensarci Daniele, te l’ho detto, ma di lui non ci si può mai fidare. 

ー Ah, non lo sapevo. Beh, quindi, non è colpa nostra. Io ero via e tu hai i tuoi casini col divorzio e coi bambini. 

Ora che sono rilassati, zio Davide ha persino messo un braccio sulle spalle di zia Francesca.

ー Sì, non posso pensare a tutto. Se solo Daniele si fosse ricordato. O Susy, cavolo, manco lavora, almeno fare una chiamata ad Alessandra. Ma poi, Alessandra, perché non ci ha pensato lei, cazzo, era così ovvio. 

Vorrei dire a questi due di lasciare stare mamma, di non farla arrabbiare, che poi sono io che ci devo stare insieme, non loro. Ma adesso sono contenti, non li voglio disturbare.

ー Senti, chiamiamo i bambini, diciamo che facciano un bel disegno per zia Edwige. Vedrai com’è contenta. 

ー Che regalo di merda, però ー, risponde zia Francesca.

ー Mica è colpa nostra. 

ー Già. 

Chiara Bertora

Editing di Carmen Chirico