editoriale

Gennaio, paura e libertà

Ultimamente ho la capacità di elaborare pensieri privi di qualsivoglia connessione razionale. 

Mi sa che lo faccio da una vita, ma me ne sono resa conto solo in questi giorni. 

Si chiama semplicemente pensare senza porre la benché minima attenzione.

Si chiama libera associazione di idee, fondamenta della psicanalisi junghiana [o era Freud?].

Si chiama lo-fanno-tutti-non-sei-la-prima-né-l’-ultima.

Le frasi qui sopra sono le mie voci che parlano a me stessa. 

Non sono matta. Certo, ho problemi a definire cosa è normalità, ma parlare ad alta voce tra me e me, senza essere vista da nessuno, non mi classifica tra le folli, spostate di mente. [Almeno credo.]

A ogni modo non era questo il punto.

Il punto sono i miei pensieri, a rigor di logica, privi di senso. 

Ad esempio, questa mattina, mentre inzuppavo le mie fette biscottate nel latte, non so bene per quale assurda triangolazione, ho cominciato a ricordare quello che avevo pensato durante l’omelia della messa di Natale. Quella notte, mentre il parroco discorreva di natività e fragilità umana, mi sono sorpresa a contemplare la struttura monarca-patriarcale del cristianesimo: un dio, rigorosamente maschio, misericordioso, sovrano di questo mondo e di quello ultraterreno. Un figlio, anche lui rigorosamente maschio, che siede alla sua destra dopo essere stato immolato per la salvezza dei peccati [pure quelli veniali] di tutti gli uomini, anche di quelli nati secoli dopo di lui. Una donna, umana ma nata già senza macchia, che si piega umilmente ad adempiere la sua volontà, e diventa madre. È una bellissima storia, mi sono detta, narrata e tramandata per più di duemila anni, impregnata di passato, del bene che deve vincere a ogni costo e del male che deve essere estirpato, tutto senza condizionamenti, solo libere scelte. 

Ma come mai percepisco soltanto un’imposizione per un volere più grande e più giusto? È un po’ vacillante ‘sto libero arbitrio, ho bisbigliato. 

Shhh, ha intimato mia madre, e in silenzio ho aspettato che la messa finisse e andassi in pace.

E poi, d’improvviso, senza sapere come, all’ultimo sorso del mio caffellatte, mi sono incagliata nel pensiero che, secondo me, non ci sia una cesura definitiva tra principio e interruzione, ma è tutto da considerare come un proseguo di qualcosa che già esisteva e che al presente [e al futuro] è solo diverso. Un flusso in cui succedono molte cose: incontri, attese più o meno lunghe, relazioni che si trovano o si perdono, conoscenze che si acquisiscono. E, ancora una volta, senza capire bene perché, mi si palesa l’idea che l’universo, il mio e quello di tutti, sia una partita a scacchi, da condurre in solitaria, a tentare di capire le mosse dell’altro, avversario o partner in crime in questo gioco al massacro che è la vita.

Apro il mio taccuino per appuntarmi questi pensieri e scrivo: ho paura.

La penna resta sospesa.

La paura paralizza pure le parole sul foglio, a quanto pare.

Ho paura, leggo. 

Di agire, di pensare, di perdere, di avere l’illusione di possedere qualcosa [o qualcuno], di me stessa, degli altri, delle novità che mi sono piombate tra capo e collo. Ho paura, dico ad alta voce. 

Per un attimo mi assale il sospetto che tutto quello che ho fatto finora sia stato mosso dall’incoscienza. Un modo per non guardare la paura, per fingere che questa vigilante presenza non ci sia e invece è proprio qui, ferma, anche lei, a fissarmi, a impedirmi chissà cosa.

P A U R A. 

La scruto questa parola che ora scrivo a caratteri cubitali e scopro che, come me, anche lei, è donna. E forse anche lei, come me, ha le stesse paturnie. 

Che cosa sei?, le chiedo. 

Uno stato emotivo che attanaglia, mi rispondo, che non mi lascia muovere, che mi priva di essere libera. Ed ecco che si affaccia un altro pensiero: più giusto, più buono, più onesto [secondo la morale cattolica], tanto umano quanto la paura. 

L I B E R T À.

Scrivo sotto. Pure lei è femmina. Coinquiline di uno stesso spazio vitale, perennemente in guerra. Accanto appunto: Gennaio, paura e libertà.

Francesca Gentile

Illustrazione e copertina di Mariapaola Principale