
Lettera a Zerocalcare
Ciao Michele,
Probabilmente non leggerai mai questa lettera, ma va bene così. Io la scrivo lo stesso, forse perché ne ho bisogno.
Ieri sera alle 22:00, dopo aver cenato ed essermi messa il pigiama, mi sono seduta sul divano. Solitamente prima di dormire leggo, ma stasera faccio uno strappo alla regola e mi guardo la tua serie tv su Netflix. In realtà devo confessarti che è la seconda volta, l’ho guardata appena uscita, ma stasera mia sorella voleva vederla e allora ho pensato: perché no, me la riguardo volentieri. La prima volta è stata qualche settimana fa e devo dire che mi ha lasciato con alcune domande, tutte irrisolte.
Crescere è davvero così difficile?
Sono i problemi che aumentano?
O siamo noi che diventiamo più consapevoli?
Devo però confessarti una cosa: non ho mai letto niente di tuo, o meglio, mi è capitato di leggere qualche vignetta qua e là, ma mai un’intera graphic novel: sì, lo so, devo rimediare. Tra l’altro devo dirti che nel corso degli anni le nostre strade si sono incrociate più volte. Alle fiere ad esempio, quando vedevo una coda di persone che non finiva più, mi era subito chiaro che in cima alla fila avrei trovato te intento a disegnare e firmare i tuoi volumi. Mi ha sempre affascinato la tua dedizione: a qualsiasi ora io passassi dal tuo stand, tu eri ancora là che firmavi e disegnavi, disegnavi e firmavi.
Ho anche assistito a varie conferenze: Pisa, Torino e l’ultima, più o meno un mese e mezzo fa, a Lucca per i Comics & Games in occasione della presentazione proprio della serie tv Strappare lungo i bordi. Ah, dimenticavo! Qualche anno fa, sempre ai Comics, ti ho portato un pacchetto di caramelle Haribo che stavo distribuendo. Chissà se ti ricordi.
Nelle sei puntate hai raccontato la storia di Zero, ormai adulto, con i suoi amici di sempre, Sarah e Secco: i tre devono intraprendere un viaggio inframezzato da piccole dosi di ricordi che fanno riflettere il protagonista e che hanno fatto riflettere anche me. È un salto nel passato di Zero: l’infanzia e la scuola, l’adolescenza e il primo amore, Alice, e poi i primi lavori ovvero le ripetizioni. Zero cresce, affronta tutte le problematiche che la vita adulta gli mette davanti. E al suo fianco c’è sempre Armadillo, la sua coscienza che lo fa riflettere e alcune volte lo riporta sulla retta via. Insomma, è una serie che dice tante cose sul diventare grandi con tutte le menate che ne comporta, tra cui le infinite responsabilità. Ma non c’è bisogno che ti ricordi com’è la tua serie: dopotutto l’hai scritta te. Ma mi ci sono rivista. E tanto pure. Sì, lo so che te l’avranno detto in ottocentomila, ma sentivo il bisogno di condividere questo mio pensiero. Anche la seconda volta che l’ho guardata, una puntata dopo l’altra, come se fosse un film, pur conoscendo il finale mi ha colpita dritta come un pugno allo stomaco. Però devo confessarti ancora un’altra cosa: quando ero piccola non vedevo l’ora di “diventare grande”, sognavo a occhi aperti i miei sedici o diciotto anni. Poi però sono arrivati i venti e, senza nemmeno accorgermene pure i trenta: il tempo sembra essere volato ed è questo che mi fa un po’ paura. Per non parlare dei continui cambiamenti, delle aspettative che non coincidono mai con la realtà e degli imprevisti che si piantonano a ogni angolo di strada. Ecco sì, già il solo titolo della tua serie rende perfettamente l’idea della vita di un adulto: Strappare lungo i bordi è un titolo geniale, per quanto noi ci possiamo impegnare a strappare lungo la linea tratteggiata, che è la nostra vita, arriverà sempre quel contrattempo che ci farà strappare male e quel pezzo di carta non sarà mai come lo avevamo immaginato, ma non per questo sarà più brutto. Sarà solo diverso.
«E allora noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché c’avevamo diciassette anni e tutto il tempo del mondo».
Hai proprio ragione sai, questa frase è così vera che ho stoppato più volte e messo indietro, perchè me la dovevo segnare. Dovevo ricordare. E te lo dovevo dire.
Riguardando la serie una seconda volta ho capito che sono molto simile a Zero, e probabilmente anche a te. Pure io sto provando a strappare lungo la mia linea tratteggiata e alcune volte ci riesco, altre no. Però al mio fianco anche io ho il mio armadillo che mi riporta alla realtà dei fatti. E la realtà è che la vita è piena di scelte, di imprevisti e di incidenti e per quanto io, o tu, possiamo impegnarci, arriverà sempre il momento nel quale strapperemo male e a quel punto l’importante sarà accettare che sia normale così, perché: «È una cosa che fa paura, ma è anche una cosa bella, è la vita».
Ti ringrazio per il coraggio che mi hai regalato con questa serie e ti prometto che leggerò le graphic novel e poi affronterò una di quelle code chilometriche che solo tu sai creare per venirti a dire: lo sai che una volta ti ho scritto una lettera?
Tua, Greta
Greta Salvetti

