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PLAY – Passaggio. Firenze RiVista

Inserisco la cassetta nello stereo e premo play. Ascolto in silenzio. Lato A e lato B. L’ultima canzone suona così:

Tell me why
Ain’t nothin’ but a heartache
Tell me why
Ain’t nothin’ but a mistake
Tell me why
I never wanna hear you say
I want it that way

Questo racconto inizia dalla fine. 

Dalla fine di Firenze RiVista. Sul palco de Le Murate, per l’ultimo incontro, Gabriele Merlini de L’indiscreto, Adriano Pugno di Tropismi, Lorenzo Fantoni di N3rdcore, Viola Valéry di In fuga dalla bocciofila e la scrittrice e comica Lavinia Ferrone hanno conversato su cinema, musica e, a tratti, politica, degli anni zero. Mi pareva il salotto del Maurizio Costanzo Show con gli intermezzi musicali: voce e chitarra di Francesco Quatraro che, per l’occasione, aveva dismesso le vesti dell’editore e indossato i panni del musicista-cantante. E io, seduta al caffè, con la mia solita aria sognante, mi sono fatta trasportare indietro nel tempo ripensando a come tutto è iniziato. E no, non mi riferisco a queste tre giornate di Festival, ma a due anni fa. 

La musica è finita: silenzio. Giro la cassetta sul lato A e riascolto tutto di nuovo. 

Due anni fa ero confusa, indietro con gli esami all’università, un futuro incerto – come la gran parte dei ragazzi della mia età -, demotivata e stanca. Poi un bel giorno un annuncio: “si cercano volontari per Firenze RiVista 2019, il Festival delle riviste e dell’editoria indipendente”. Recitava più o meno così. Mi ha incuriosita questo Festival di cui non conoscevo nulla nonostante fosse alla sua quinta edizione. Così, forse per la prima volta in vita mia, mi sono lanciata senza pensarci troppo: avevo bisogno di fare qualcosa di diverso, di conoscere persone nuove. Che esperienza meravigliosa fu! Mi piace molto crogiolarmi in quei ricordi, nei volti che affiorano alla memoria, quei sorrisi, i quartier generali e altre storie che non sto qui a raccontare. 

Il lato A della cassetta tace: il mio viaggio nel passato è finito, è arrivato il momento di ascoltare il lato B, di guardare a oggi. 

Di cose ne sono successe da allora. La pandemia virale, tanto per dirne una. La mia laurea – finalmente – per dirne un’altra. La nascita della rivista biró, per dirne un’altra ancora. Il mio ingresso trionfale in redazione e l’annuncio di una nuova, la sesta, edizione di Firenze RiVista 2021 a tema Passaggio. Non ce lo diciamo nemmeno, è scontato: biró parteciperà. Iniziano frenetici preparativi, Giorgio Moretti di Una parola al giorno chiede alle case editrici e alle riviste cosa sia per noi Passaggio. Ne parliamo, discutiamo. Cerchiamo di capire e poi inviamo una mail: Questa parola ci ha fatto pensare al passaggio di stato in fisica, qualcosa che ha a che fare con il fluire di una sostanza da uno stato all’altro, quindi un cambiamento, un’evoluzione, un diventare altro da ciò che si è stati fino a quel momento. Ed è proprio con questo spirito di trasformazione che il primo giorno di Festival allestisco il nostro primo banchetto. 

Insieme a biró ci sono altre redazioni: ALEA rivista neonata di antropologia culturale, poi c’è Charta Sporca che invece esiste da ben dieci anni ed è stata fondata in seguito all’occupazione universitaria che protestava contro la riforma Gelmini e poi c’è Panteon che si occupa di architettura nella Roma del Novecento e ha un formato maxi molto particolare. Sono emozionatissima e penso che niente possa andare storto: sono tra persone che amano le stesse cose che amo io, tutte persone diverse che vengono da posti diversi e che credono nei propri progetti, nei  propri sogni, nonostante i dubbi e le incertezze. Ed è questo che, in un modo strano ma anche semplice, ci tiene uniti. Sì, è proprio così, penso mentre viene giù il diluvio universale e le persone presenti si rifugiano sotto i tendoni: ogni volta che mi perdo un po’, i libri mi indicano la direzione da seguire e per ora, per me, è sempre stata quella giusta. 

Gli eventi, al Festival, sono stati tantissimi: presentazioni di libri, incontri sulla traduzione, speed date tra riviste, eventi sul cinema, attualità, tecnologia, sport, politica, passato e futuro. Insomma, avrei voluto sdoppiarmi per poter ascoltare ogni cosa, ma purtroppo o per fortuna nella vita ci sono delle priorità e la mia, in questi tre giorni, è stata biró: far conoscere il progetto a più persone possibili, incontrare scrittori e scrittrici con le quali ci siamo sentiti solo via mail e anche conoscere le redazioni di altre riviste per poterci scambiare consigli e spunti. Qualcosa però, sono riuscita a seguire. Francesca Mattei è una di quelle: ha presentato, nella prima giornata del Festival, il suo libro edito Pidgin Edizioni: Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, una raccolta di racconti che ho amato particolarmente.  Durante la seconda giornata, ho avuto modo di ascoltare Hilary Tiscione, autrice di Liquefatto edito Polidoro e Andrea Gatti, autore di La fuga dei corpi edito Pidgin, in conversazione con Pierluca D’Antuono de La nuova verdǝ e di conoscere e parlare con Valentina Maini che ha scritto uno dei libri più belli che abbia letto quest’anno: La Mischia edito Bollati Boringhieri.

Il terzo e ultimo giorno è stato, per biró, piuttosto impegnativo: abbiamo esordito con un primo intervento sul tema dell’editing. Accanto a Francesca che biró l’ha creato, insieme a Mariapaola, ci sono Modestina Cedola di Italian book it better – punto di riferimento per chi ama i racconti – e Stefano Pirone direttore editoriale di Pidgin. L’incontro ha finito per coinvolgere l’intera platea in uno scambio di punti di vista. Le persone erano tante e tanta era anche l’emozione, mentre scattavo foto. Insomma, i tre giorni sono volati tra tanti sorrisi, scambi di opinioni, qualche bomba d’acqua inaspettata, ma fortunatamente passeggera, cene, feste – sì, la seconda sera c’è stata anche una festa -, musica, poche ore di sonno e tanta tanta felicità. Sono stati giorni intensi, ho avuto modo di conoscere nuove riviste e di incontrarne altre che, invece, seguivo da un po’. È stato  il primo Festival per biró e per me, il primo passaggio dall’altra parte dello stand. Così nell’ultima serata, con il buio e il fresco settembrino, stanca e felice, ho ascoltato persone parlare di nostalgia del passato, di anni Novanta, di musica, di mode ormai fuori moda. Qualcuno, non ricordo chi, ha detto che i tempi che procurano nostalgia si sono accorciati: una volta accadeva che negli anni Novanta si rimpiangessero i Settanta o gli Ottanta, adesso invece è tutto così veloce che accade che oggi si provi nostalgia dell’anno passato o, addirittura, di qualche mese fa. Penso che abbiano proprio ragione, so già che fra una settimana mi mancheranno queste giornate.

I never want to hear you say (don’t want to hear you say)
I want it that way

‘Cause I want it that way

È finito anche il lato B, apro lo stereo, tolgo la cassetta e la metto sul mobile. Serve una cassetta nuova, ancora da registrare. 

Greta Salvetti