racconti

TRADIZIONE ILLUSORIA

Come le ho spiegato, ho già attivato la procedura per rintracciare suo nonno. Non si preoccupi: lo troveranno. Ora mi parli dell’album e cerchi di essere il più chiaro possibile. Perché era dentro la tasca destra del suo giubbotto?


Le spiego tutto: non sono mica un ladro, non ho mai rubato nulla. Comunque stamattina, come ogni domenica, sono andato a casa di mio nonno, abbiamo mangiato il cornetto e bevuto il solito caffè, per poi scendere insieme in centro e girare nel grande mercatino. È quello che piazzano in via Pini ogni week end e che io e il nonno frequentiamo spesso, per la sua passione infinita verso tutto quello che è vecchio, che ha avuto un valore in passato e ora non ce l’ha più. Mio nonno compra tutta quella roba lì e riesce a ridarle significato. Così giriamo, guardiamo e prendiamo quello che ci piace. Solo che, non so spiegare bene, stamattina, già mentre salivo le scale del palazzo, ho sentito che qualcosa sarebbe successa, ho sentito l’ansia fuoriuscire dalla pelle.
Sa, mio nonno è sempre stato un tipo eclettico, uno che conosce un po’ tutto. Si è sempre interessato di musica, cinema, libri, arte. Quindi i mercatini sono il suo territorio, anche se non ne comprendo appieno il motivo: è attratto dal collezionismo, gli piacciono le copertine di libri di una stessa collana, dischi impilati uno sopra l’altro. E casa sua è piena di roba che ha avuto significato per qualcuno e ora subisce un cambio di prospettiva: per lui non conta il singolo pezzo, è importante l’insieme, un grande oggetto unico da guardare che permette al nonno di provare ancora qualcosa: sentirsi realizzato, pieno di passioni e non un vecchio corpo in attesa della caduta finale.  


Arrivi al punto, non capisco come questo possa influire sulla storia di questo album e sul perché le sue tasche lo nascondessero al suo proprietario.


Sì, abbi pazienza, le racconto tutto. Siamo scesi e come sempre ci siamo dati la mano con mio nonno. Lui è alto un metro e sessanta e mi arriva alla spalla ormai, ha la schiena che inizia a piegarsi per via dell’età, ma quella di darci la mano, è una cosa che abbiamo sempre fatto, fin da quelle lontane domeniche in cui ero io ad avere bisogno di attenzione, per perdermi tra la folla. Ora mi piace pensare che quella mano rappresenti l’evoluzione perfetta del rapporto bimbo, adulto e anziano.
Insomma camminiamo come sempre, ci fermiamo ad ogni singola bancarella perché tutto attrae mio nonno, qualsiasi oggetto datato. E può essere un film, una candela, una lampadina, un quadretto. A mio nonno piace tutto e, allo stesso tempo, può non piacergli nulla. Mi ricordo domeniche in cui dovevamo aspettare che mio padre arrivasse con la macchina per caricare la roba, altre, invece, in cui andavamo via a mani vuote. Quando capitava, si chiudeva in un silenzio carico di risentimento verso tutto, o così mi pareva. Non so, avevo l’impressione che da quella spedizione a “vuoto” ne fosse uscito vinto, o comunque contrariato da un mondo che gli aveva negato il suo piacere più grande.


Continui per favore.


Da qualche anno, però, le cose sono cambiate: ha iniziato a perdere la memoria, e non compra quasi nulla, più che altro sono io che lo spingo, la domenica, ad uscire e mantenere la tradizione. È più un mio bisogno: si tratta di protrarre una parvenza di normalità, più che soddisfare un suo piacere.
E non è facile: da quando è invecchiato, oppone resistenza e non vuole venire, ma, in qualche modo, riesco sempre a convincerlo e poi succede sempre quello che io chiamo “un miracolo”: arrivati al mercatino, mio nonno, sembra tornare se stesso. O meglio sembra tornare quel nonno che accompagnava il suo nipotino e lo presentava a tutti come il suo piccolo eroe. È bello vederlo fermarsi ad ogni bancarella, valutare oggetti,  parlare con i venditori suoi vecchi amici. Mi piace vedere i suoi occhi stanchi ravvivati da un’emozione, emoziona anche me. Sento di fare qualcosa di positivo verso tutti.
Così, come le dicevo, oggi, a metà mattinata abbiamo ispezionato più o meno cinque o sei bancarelle e non abbiamo comprato nulla, ci siamo spostati sempre seguendo il marciapiede, a piccoli passi, con la solidità che il mio corpo cerca di infondere in quello del vecchio, quando ho sentito il mio telefono.

Senta, io non voglio sapere del suo telefono, di suo nonno o di quello che fa nella sua vita, io voglio che mi parli dell’album e le ripeto: non voglio perdere la calma di domenica mattina, devo ancora mangiare il mio cornetto crema e mela e vorrei muovermi il prima possibile, d’accordo? Non mi faccia perdere la pazienza, già al limite.


Senta, non posso non inserire i dettagli nella storia, perché è proprio nel dettaglio che si trova la verità che tanto cerca.  
Insomma mi squilla il maledetto telefono e, quasi per abitudine, dato che sono destro, lascio la mano del nonno e la ficco nella tasca per afferrarlo e rispondere, e mentre ascolto una voce italiana con uno strano accento che mi parla di un wi-fi super veloce, vedo una foto su una bancarella, poggiata su tanti piccoli orologi da comodino e mi si ferma il cuore. Sbatto ripetutamente le palpebre per essere sicuro, mi avvicino e chiudo il telefono senza nemmeno rispondere. 
E, sa quando si hanno mille cose che sembrano esplodere nella testa e ci si dimentica di tutto?! Ecco io, a quel punto, ho perso mio nonno. Ma non mi sono accorto subito della cosa, perché, stia a sentire adesso la notizia assurda, in quella maledetta foto in bianco e nero, che si trova in quest’album c’è mio nonno con la divisa da soldato durante la guerra. O meglio mio nonno per com’è adesso: vecchio, con le rughe e gli occhietti stanchi. Ed è assurdo perché, sono sicuro, mio nonno non è mai andato in guerra.


Mi vuole dire che c’è una foto, in bianco e nero, di suo nonno, con sembianze attuali, mentre indossa una divisa da soldato in questo album?


Esatto, proprio così. Dopo aver guardato da vicino la foto e aver capito che era proprio mio nonno e non un impressione dovuta a qualche strana allucinazione, mi sono accorto della sua scomparsa e mi sono preoccupato molto: alla sua età non si sa mai cosa può succedere: un malore improvviso e non ho nessuna voglia di portare sulle spalle il peso del rimorso o dio solo sa cosa.


Aspetti un secondo, forse ho delle notizie. Esco un attimo e torno subito. 


Lei è sicuro di essere uscito questa mattina con suo nonno?

Certo, come ogni domenica da venticinque anni, una tradizione è pur sempre una tradizione. Lo hanno trovato?

Non ancora, finisca la sua storia per piacere.

Eh, le dicevo che ero preoccupato per il nonno disperso in una marea di gente. Ma quella foto me la doveva spiegare il vecchio: era lui senza ombra di dubbio. E poi è successa una cosa ancora più strana: le lancette di tutti gli orologi hanno preso a girare come pazze e, da qualche vecchia radio o giradischi, è partito O Sole mio, e ho pensato che dovevo assolutamente trovare il nonno, perché quella canzone la cantiamo sempre insieme guardando vecchi video di Claudio Villa, su youtube. Così, senza pensarci due volte, ho messo l’album nella tasca e sono andato a cercarlo tra la gente, e so bene che le parole rimangono solo e soltanto parole, ma giuro che l’avrei restituito una volta fatta vedere la foto al nonno, avevo troppa voglia di trovarlo per cantare e capire da quando fosse diventato modello di un fotografo che usa macchinette in bianco e nero. Anzi, più che restituire, sono sicuro che il nonno avrebbe voluto comprarlo quell’album, per impilarlo tra altri libri o copertine e magari posizionare la sua foto in bella vista. Capisce?! È stato solo un momento, alla fine avrei pagato, ma ho sentito la preoccupazione e mi sono detto che se non avessi trovato subito il nonno, la canzone sarebbe finita, la foto sparita, il tempo dissolto e ci saremmo trovati in qualche strana realtà, e sono stato assalito dalla preoccupazione che non mi ha fatto pensare a tutto il resto. È stato un gesto inconscio, involontario.

Quindi lei è sicuro che suo nonno, questa mattina, era con lei, che avete fatto colazione e siete andati al mercatino?! È sicuro che poi suo nonno è scomparso e lei ha preso questo album per mostrare una foto del suo stesso nonno?! Lei è proprio sicuro di questa sua storia?
Si. Certo che sì.


E può mostrarmi la foto?

Certo, è dentro l’album! Aspetti solo un secondo che sfoglio, non ricordo bene la pagina. Però proprio non capisco.

Non c’è. Dico bene?

Impossibile: sono certo di averla vista in questo album! Era… Proprio qui…

Ora voglio solo capire se lei è un bugiardo cronico o un povero ragazzo che non riesce ad accettare quello che sta succedendo.

Accettare cosa?

Mi spiace essere brusco, ma non c’è altro modo: suo nonno è in un letto d’ospedale, tenuto in vita da una macchina di ossigeno: abbiamo svolto le nostre indagini e sappiamo che si trova lì da più di una settimana. Quindi signore, ora, o lei è un porco senza scrupoli di cui non riesco a comprendere l’obiettivo finale nascosto dietro questo album, oppure, come invece credo più probabile, lei non riesce ad accettare la malattia di suo nonno.

Io non… Mio nonno… I suoi polmoni stanno benissimo… Ha fumato, ma ha smesso da tanti anni ormai, sarebbe assurdo dover morire per un vizio che non si ha nemmeno più. Lui è venuto con me questa mattina, abbiamo fatto colazione, ci siamo dati la mano, come sempre…  È davvero ritratto in una foto, non è in un maledetto ospedale, ne sono certo, state perdendo tempo. Dovete cercarlo al mercatino: è lì che si è perso…

Io prendo l’album, vado via e lo riporto al proprietario. Mi dispiace davvero per quello che sta passando. Ora può andare.

Come va via? Mio nonno è ancora lì fuori e dobbiamo cercarlo! Siete pazzi, cazzo! Siete degli imbecilli! Ma quali ospedali? Quali macchine d’ossigeno? Pazziii. Stronziii! Dovete darmi una mano… Pazzi del cazzo, lo farete morire o peggio, finire nella mani di qualche sporco truffatore che lo deruberà e lo picchierà. Stronzi maledetti! Io non sono pazzo. Stamattina sono andato a casa sua… Il cornetto del bar sotto casa, poi ci siamo dati la mano come ogni volta e siamo scesi… Devo trovarlo… Non sono pazzo, non ho creato nulla, lui è al mercatino, come sempre, come ogni domenica da venticinque fottuti anni…

Giuseppe Fiore

Foto di copertina di Francesca Zanette