
MANUALE DI SOPRAVVIVENZA ALLA QUARANTENA: La Piccola Farmacia Letteraria
Il 9 Marzo 2020 la vita degli italiani è cambiata.
Siamo tutti costretti a stare ognuno nelle proprie abitazioni. Possiamo uscire solo per necessità: lavoro e spesa. Punto. Lo dice la legge. Non so bene quanto durerà tutto questo. So che dopo due settimane di reclusione vago con lo sguardo fuori dalla finestra alla ricerca di parole che rendano giustizia all’intervista fatta due giorni prima del fatidico decreto a Elena Molini proprietaria de La Piccola Farmacia Letteraria.

Due giorni prima – questo pensiero mi blocca – potevo uscire per incontrare gente in piazza, nei teatri, al cinema, in libreria. Potevo pranzare, cenare insieme ad altre persone e bere più del solito e, perché no, finire a letto con un perfetto sconosciuto per poi dimenticarmene.
E poi cos’è successo? È scoppiata un’emergenza sanitaria nazionale e la vita sociale così come la conoscevo, fatta di contatti (reali o fittizi), è tramutata in un: stai almeno ad un metro da me. E non c’era più ragione di deprimermi e di lamentarmi a suon di non va bene niente, le cose non cambiano mai – che tanto poi non facevo assolutamente nulla per cambiarle.
E pensare che solo due giorni prima avevo programmato tutto: volevo che fosse l’intervista perfetta. In molti mi avevano parlato di questa libreria indipendente tanto da farmi venir voglia di vederla, di incontrare chi l’aveva immaginata, sognata e realizzata. I miei impegni (e un po’ di pigrizia), però mi facevano sempre rimandare con la scusa del non ho tempo. Poi il tempo è venuto da me e a quel punto non ho avuto più scuse: ho buttato giù qualche domanda sul mio fedele taccuino e sono riuscita a reclutare un mio amico fotografo.
Quel sabato pomeriggio, ricordo che prima di uscire ero passata dalla cantina per recuperare il registratore che usavo durante gli anni dell’università. C’ho messo un po’ per trovare quel catorcio: era infilato tra pile di appunti e faldoni in un vecchio mobiletto di legno. Distrattamente ho preso un quaderno e ho cominciato a sfogliarlo.
“I virus sono una classe molto numerosa di microrganismi non cellulari. Queste particelle dell’ordine dei nanometri (1 milione di volte più piccolo di 1 millimetro) sono capaci di parassitare tutte le cellule (anche quelle batteriche) per garantire la propria sopravvivenza che avviene mediante replicazione del materiale genetico. Molti possono causare malattie nell’organismo infettato, ma ciò non sempre avviene. I virus sono visibili mediante micrografie elettroniche.“
Microbiologia. 16 aprile 2007. Secondo semestre.
Quante probabilità avevo di tirare fuori proprio l’argomento del momento? – ho sorriso. Poi i miei occhi sono cascati sull’asterisco evidenziato in verde in fondo alla pagina che rimandava proprio alla parola virus:
Piccoli esserini invisibili che possono causare gravissimi danni.
Note di un certo spessore – ho pensato.
Il suono ininterrotto di un clacson mi ha riportata al presente (prima dell’apocalisse, s’intende). Era lui: il mio amico fotografo. In auto non abbiamo fatto altro che parlare dei primi contagi al nord, delle zone rosse e di quelle immacolate, di cosa poteva accadere, se era sicuro o rischioso uscire. Ricordo bene la preoccupazione, quel non capire la gravità della situazione. Timori dissipati nell’attimo stesso in cui abbiamo messo piede ne La Piccola Farmacia Letteraria. Ad accoglierci un piccolo locale stracolmo di libri sistemati su tavoli e tavolini, scaffali e ripiani e una vecchia macchina da scrivere con qualche tasto mancante, barattoli e confezioni di pillole con annesse indicazioni terapeutiche: un misto tra bottega, farmacia e un laboratorio di alchimisti.

Vorrei poter tornare là: nella Piccola Farmacia Letteraria.
Un’idea semplice nata dalla precedente esperienza di Elena in una libreria di catena. Pare che ad un certo punto si sia resa conto che i clienti le chiedevano continuamente consigli di lettura per superare un momento particolare che stavano attraversando: una delusione per una relazione non andata, l’indecisione per il futuro lavorativo e il rapporto turbolento con figli adolescenti. Tutti stati emotivi che necessitavano attenzione e una cura, anche solo lenitiva, attraverso le parole. Da qui la grande decisione: la creazione di un catalogo, fatto assieme a due psicologhe – sua sorella e una sua amica – suddiviso non più per genere e autore ma basato proprio sulle emozioni.

Così nel 2018 Elena, nella zona di Gavinana a Firenze, ha tirato su questa piccola farmacia letteraria e da allora le cose hanno cominciato ad ingranare. Hanno cominciato a fioccare articoli di giornali, poi è stata invitata in TV (Tg1, Geo&Geo, Uno Mattina), in radio e, la scorsa estate, ha aperto, per il solo mese di agosto, una succursale a Marina di Pietrasanta. Mi ha lasciato intendere, durante l’intervista, che la Piccola Farmacia Letteraria potrebbe aprire anche in altre città italiane.
In tempi non sospetti ad una pandemia – dico ad alta voce mentre faccio su e giù per la stanza. Mi decido quindi a sedermi al tavolo di lavoro e far riandare per la milionesima volta il registratore.
Sento la mia voce che chiede:

– È stato terrificante. Difficile perché passi da un lavoro sicuro da dipendente a diventare tu stesso imprenditore con tutti i rischi che comporta il mettere su una libreria nel 2018: è una cosa piuttosto azzardata. Considerando che i vantaggi di una libreria indipendente sono pressocché nulli a parte la scelta di una linea editoriale che può essere declinata nei modi e nello stile che più si preferisce. Sì, devo dire che è stato un percorso difficile ma ho deciso lo stesso di buttarmi e mi è andata bene, ma poteva anche non andare. Posso dirmi contenta perché ha tantissimo successo l’idea. Tante persone vengono da tutta Italia per vedere la Farmacia Letteraria.

– Sempre. Temo anche adesso. Fondamentalmente non è che se raggiungi il successo poi il successo è definitivo. Devi sempre lavorare per andare avanti. Tutt’oggi ho paura che le cose non vadano. Purtroppo è così quando uno ha un’attività in proprio. Questa paura non passa mai.

– È partito tutto da Mondadori: anche loro erano curiosi di capire cos’era la Piccola Farmacia Letteraria. Quando hanno conosciuto la storia sono stati così entusiasti da chiedermi di scrivere un libro ambientato proprio nella farmacia letteraria. Devo dire che è stato un po’ faticoso stare dietro all’attività e alla stesura del romanzo, però alla fine sono riuscita a conciliare tutto e sono contentissima perché il libro va bene. Pensa dopo quattro giorni dall’uscita era già in ristampa. Ah e sono già stati acquistati i diritti di traduzione in Francia, Germania, Spagna, Sud America e Cina. Quindi direi benissimo.

– Il libro parla della nascita romanzata de la Piccola Farmacia Letteraria e di alcune persone che gravitano attorno alla libreria e che aiuteranno la protagonista a risolvere un mistero. È una storia di amicizia, di cooperazione tra donne che poi è la realtà della Piccola Farmacia Letteraria.

– Si, sono io ma la protagonista è molto diversa da me e ha uno pseudonimo: mi piaceva essere qualcun’altro tra le pagine di un libro.

– Sai si dice spesso che le persone non sono interessate ai libri, che la lettura non interessi, in realtà non è poi così vero. Vedo una cosa molto importante dalla mia finestra: vedo persone che cercano di trovare soluzioni anche attraverso i libri. Quindi vedo una controtendenza al trend che attualmente viene messo in giro.

– Una torta al limone: agrodolce.
Stoppo la registrazione e mi accorgo di aver ordinato, mentre ascoltavo, un elenco di parole: rischio, calcolo delle probabilità, statistica, successo effimero, collaborazione, organismi invisibili che non fanno bene, cose piccole come questa bottega che invece di bene ne fanno eccome.
E allora mi chiedo: esistono formule matematiche o algoritmi statistici che riescano a determinare se qualcosa andrà bene oppure no? Cose come un’attività. Una pandemia. O una cosa a caso come la vita stessa. Forse no. Forse sì. Forse, come dice Elena, queste cose hanno a che vedere con previsioni lontane dal nostro controllo, calcolabili certo, ma quanto attendibili in quella che poi è la vita vera? Proprio non saprei. Però poi mi sorge un altro dubbio: ma quanto è reale il mito dell’antitesi scienze – lettere? Non potrebbe, invece, essere il dualismo perfetto? Se, infatti, esistono già delle cure efficaci per contrastare le più svariate malattie – più o meno funzionanti di altre ancora in fase sperimentale (come per questa emergenza sanitaria) – esiste una cura per le patologie dell’anima?
Mi blocco – di nuovo.
Ecco! Queste sono le conseguenze della quarantena: sedute di psicanalisi autoinflitte sui massimi sistemi della Terra. Devo smetterla di cercare di capire come poter affrontare questo periodo così strano e assurdo che ci è piombato all’improvviso tra capo e collo.
È più semplice di quanto io lo stia rendendo. Forse quello che Elena voleva dirmi – sempre in tempi non sospetti – è che anche per situazioni come questa esiste una cura, un farmaco e si chiama lettera che messa in fila forma parole, poi una frase, quindi un concetto, una storia – magari così simile alla nostra. Può salvare? Chi può dirlo. Magari porta a riflettere o anche solo a sognare. E a me non sembra poca cosa.
Allora prendo il telefono e chiamo:
– Ciao Elena, come stai? – ho saputo che da qualche giorno, la Piccola Farmacia Letteraria ha lanciato la piccola a casa tua: una sorta di montagna che va da Maometto. Si può chiamare la libreria per farsi consigliare autori e libri da comprare (spedizione gratuita), o anche (perché no?) per condividere paranoie ipocondriache. – Senti, ma non l’hanno ancora scritto un manuale di sopravvivenza alla quarantena? No?! Allora potresti consigliarmi qualcosa su…

